Dall’Eritrea all’Italia grazie a un corridoio

La testa sembra pesargli una tonnellata, piena com’è di nuove lingue: l’italiano e la lingua italiana dei segni (Lis). Gli occhi spalancati, Hailù sposta lo sguardo dalle mani di André a quelle di Greta, due ragazzini sordi come lui. André scrive qualcosa, poi i due ricominciano a gesticolare, le mani tracciano i movimenti codificati dalla lingua dei segni. Il dodicenne eritreo guarda rapito la parola che resta sospesa nell’aria, la cattura e la ripete.

“Aveva già un linguaggio molto gestuale”, spiega Roberta Gherardi, insegnante nei laboratori linguistici per bambini sordi all’istituto comprensivo di Cossato, in provincia di Biella. “Con sua madre e i suoi fratelli si capiscono perché hanno un loro modo di comunicare”. È l’ora del laboratorio “dialoghi”, l’insegnante ha detto ai tre bambini d’inventarsi una conversazione, che si trasforma in una lezione di Lis dedicata ad Hailù, che è diventato sordo a causa di un’otite non curata e oltre all’udito ha perso progressivamente l’uso della parola..

Dai primi di marzo Hailù è il ventiduesimo alunno della prima C. Nella scuola ci sono anche i quattro fratelli, udenti, distribuiti tra materna, elementari e medie. Tutti impareranno la Lis come previsto dall’istituto. “Le ore di Lis sono due alla settimana, è considerata al pari di una lingua straniera, solo se la parliamo tutti possiamo comunicare”, racconta Gherardi, che da quindici anni partecipa al progetto prima come interprete Lis e negli ultimi due come insegnante. I cinque fratelli porteranno la nuova lingua a casa, insegnandola alla madre.

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